Arte naive e arte moderna
L'arte naive è uno dei linguaggi che permette sempre una quantità di modalità, a seconda della personalità dell'autore. Al livello di tendenze storiche essa è una forma senza carattere, che vive del caso delle ispirazioni poetiche. Non è, dunque, un nuovo linguaggio, una nuova percezione. Altresì non va considerata fuori dal tempo, allo stesso modo come il suo autore non vive fuori della storia. Essa non è solo un meccanico accumularsi di immagini e figure vissute e scelte dall'autore, bensì una somma di cose incomparabili che sono sfuggite allo sprofondamento grazie alle sottili espressioni della sensibilità interna degli artisti naifs.
L'arte naive non è la soffitta della scuola nè dello stile , ma un rifugio per tutti quegli artisti che cercano, col sentimento e l'intuizione, di penetrare nei complessi rapporti dell'uomo con il mondo.
L'artista naif segue più le leggi della propria natura che le leggi dell'arte; per lui l'opera artistica non è mai un fenomeno speculativo. Di conseguenza, il fattore dell'originalità cresce in dipendenza della deviazione dello stile personale degli artisti dal possibile e riconoscibile modello.
Vi sono dunque delle differenze rispetto all'arte moderna ed esse sono qualche volta di natura molto sottile, ma spesso anche fondamentali. Mentre nell'arte moderna quasi tutto dovrebbe nascere fuori dall'intuitivo processo soggettivo, nell'arte naive senza questo non c'è niente di autentico. Anche quando imita la forma adottata, l'artista naif respinge ogni sentimento altrui e lo sostituisce con quello proprio; è dunque un archeologo che scava sotto i fondamenti del proprio essere.
Nell'artista naif l'imitazione non è solo quel momento iniziale della creatività in cui balena il principio dell'opera artistica, che l'artista conscio poi sviluppa fino all'opera completamente formata; l'intuizione è nel caso specifico l'istinto con cui l'artista naif penetra disinteressatamente e più profondamente nella realtà. La forma dell'arte naive è infatti impura, perchè caricata della istintiva interpretazione della vita.
La semplicità dell'arte naive non dovrebbe essere dunque dedotta dal carattere della formabensì dalla ingenua posizione della coscienza. Nelle opere degli artisti naifs ci è possibile quasi sempre seguire le preponderanza dell'aspetto vissuto rispetto a quello delle attività soggettive dell'artista naif che esprime i suoi più profondi e primordiali istinti umani.

Il territorio dove nasce e si sviluppa l'arte naif croata
La Podravina





La Podravina geograficamente è la regione di confine lungo i fiumi Drava verso l’Ungheria limitata dai pendii delle montagne Kalnik, Bilogora, Papuk e Krndija.


La mia Hlebine si trova delimitata da una parte dal corso del fiume Drava e, dall'altra, dalle alture ricoperte di vigneti della regione di Bilogora.
Anche il mio vigneto è lassù. Nel paese, oggi si contano quasi duemila abitanti e ci sono ancora molte vecchie case con i tetti che cominciano a cedere.
C'è ancora i fango nelle strade, d'inverno, quando il gelo si scioglie o quando la pioggia rende molle il terreno.
Io trovo ancora adesso queste strade più in teressanti dei lunghi nastri delle autostrade, forse perchè mi sembra che esse portino ancora le tracce dei miei passi infantili. La chiesa è dedicat a S.Caterina, che si festeggia il 25 novembre, e abbiamo anche una locanda, all'incrocio, e la scuola per tutti i primi otto anni di corso. Negli ultimi anni abbiamo anche costruito una galleria d'arte, per i pittori naifs, e devo dire con soddisfazione che le visite non mancano.

Dalle inondazioni si salvano solo le terre alte di Bilogora, ma in basso la terra è molto fertile perchè il fiume lascia dietro di sè il fango che rende il raccolto molto più abbondante, l'anno dopo.
I contadini, qui, sanno bene queste cose; ormai conoscono i capricci del fiume e le sue forze improvvise. E' una lezione che abbiamo appreso da secoli: il fiume un anno prende, l'anno dopo dà.
Visualizzazione ingrandita della mappa
I protagonisti
IVAN GENERALIC
In queste poche strade di Hlebine ho passato la maggior parte dei miei sessant'anni: mio padre, figlio maggiore, lasciò la casa di mio nonno per comprarsene una sua nella piccola strada che chiamano Crnilo. Dev'essere stata la casa più misera del villaggio, aveva solo due piccole finestre e il tetto che lasciava filtrare l'acqua. Il cortile era molto stretto per essere una vera aia, e in mezzo c'erano due meli che vi crescevano. Vivevamo molto poveramente perché mio padre per lungo tempo non ebbe molta terra da lavorare, sposò una ragazza della stessa strada. Il nome di mia madre era Senko. Da quella casa......., passammo ad abitare al centro del paese, in una casa che era della zia di mia madre. E' stato lì, in quella casa al centro del paese, che ho vissuto, mi sono sposato, ho dipinto.
Cosa mi ha spinto a dipingere?

Mi ricordo, invece, come ebbi i mie primi colori.
A quei tempi per decorare l'albero di Natale non c'erano le scintillanti palline di vetro che si usano oggi, e le donne del paese sedevano attorno ad un tavolo, nelle sere d'inverno, per fare rose di carta colorata ed altri ornamenti, comprando la carta crespata da ritagliare e piegare, nel negozio del villaggio.
Io gironzolavo, prima di andare a scuola, raccogliendo tutti i ritagli e ogni pezzetto caduto in terra. Il giorno dopo mettevo tutti i pezzettini rossi in un recipiente, quelli verdi in un altro, quelli gialli o blu in altri ancora, e li lasciavo a bagno per una notte. Così mi procurai i miei primi colori.
In quanto ai soggetti dei miei disegni, essi erano presi dalla Bibbia. Le figure dei Santi, della Madonna, la Crocifissione.... erano solo disegni e non mi interessavano molto.
Un giorno mi impadronii del libro e cominciai a colorare tutti quei disegni con i colori che mi ero preparato, usando un pezzo di cartone sfilacciato come pennello.
Nei primi anni non fui davvero ben accolto come pittore nel mio villaggio. I miei compaesani mi prendevano in giro perché non facevo le figure come credevano che dovessero apparire. Nei miei quadri la gente aveva grandi teste, grandi mani, piccoli piedi. Ogni casa che dipingevo sembrava sul punto di crollare e tutta la gente del villaggio si prendeva gioco di me per questo, e rideva del mio lavoro. Ma quelli della città guardarono diversamente alle mie opere, grazie soprattutto al gruppo di artisti "Terra" (Zemlja) che mi accettò con loro e mi incoraggiò molto, stimolandomi a proseguire.



(Tratto da "I PITTORI NAIFS della Scuola di Hlebine" di Grgo Gamulin)



Nel 1927 dipinse a Parigi la composizione intitolata "Eravamo in cinque dentro la cantina". Allora non sognava nemmeno che questa sua escursione nell'eredità pittorica regionale, causata più dalla nostalgia che da una cosidetta "Scuola di Hlebine".

Gli appartenenti a "La Terra" uscirono "nelle strade delle città e nei campi dei villaggi". Secondo loro "forma e modo di espressione sono importanti ugualmente come l'avvenimento e come il senso". Essi sono consci che "la vita contemporanea è penetrata dalle idee sociali e che le questioni del collettivo sono dominanti"! Ribelli, essi esclamano:"Noi neghiamo la concezione accademica della pittura, neghiamo la concezione convenzionale della bellezza"!
Nel periodo dei primi incontri con i contadini di Hlebine, nella pittura dello stesso Hegedusic esistevano già tutti i presupposti per quello stile che doveva rispondere alle esigenze del "nostro linguaggio artistico popolare". Dunque ancor prima dell'incontro con Generalic e Mraz(1930-1931), lo stile personale di Hegedusic, i suoi gusti e le sue scelte erano già definiti."Insaziabile nella bruttezza" come Brueghel, Bosch o Goya, egli respinge nelle sue opere ogni idealizzazione pittorica.
Con la sua partecipazione al gruppo de "La Terra", Hegedusic accetta e condivide definitivamente "l'arte del collettivo": grazie a lui, l'esigenza del "livello artistico più alto" diventa una delle mete dell'associzione de "La Terra".
Naturalmente, si poneva la questione della forma e del soggetto "dell'arte collettiva". Basandosi sulle esperienze e i risultati del suo lavoro con "i contadini di Hlebine", soffermandosi sulle opere di Henri Rousseau, Pirosmanisvili e degli artisti del gruppo "La Terra", Hegedusic sviluppò la sua analisi sul soggetto e gli elementi pittorici "dell'arte del collettivo".


la rappresentazione "semplice" e "semplificata" dell'oggetto nell'arte naive non è frutto dell'ingenuità o della semplicità dell'artista, ma è "la conseguenza dei mezzi limitati d'elaborazione"!
(Tratto da "I NAFS CROATI"di Vladimir Malekovic)
La Scuola di Hlebine

Quando, attorno al 1930, Krsto Hegedusic stabilì contatti con i contadini, Ivan Generalic e Franjo Mraz erano pittori dilettanti. Ad Ivan Generalic, che allora era soltanto sedicenne, egli insegnò le basi del mestiere:"E così lui seppe di me, venne da me e mi consigliò per il mio futuro lavoro..." Krsto Hegedusic fece il possibile per insegnare non soltanto a Generalic, ma anche a Mraz, le basi dei mezzi e della forma, soprattutto con particolare riguardo al soggetto "che doveva essere il riflesso dei conflitti sociali e della nostra realtà".
"Mi diceva sempre, scrive Generalic nella sua biografia, dipingi così come vedi tu solo e non imitare nessuno". Mraz aggiunge: "La sua prima indicazione era: non copiate belle fotografie colorate, ma dipingi il tuo ambiente".


Nel quotidiano di Zagabria Notizie(8 settembre 1932) si legge per la prima volta del circolo pittorico di Helbine. Nell'articolo si parla della "scuola di pittura di Hlebine" e si precisa che il controllo tecnico è di Krsto Hegedusic. Quel concetto, "la scuola di Hlebine", rimarrà fino ad oggi, anche se il significato è diverso. Quasi nello stesso tempo Krsto Hegedusic, fondò un circolo pittorico nell'ambito del sindacato degli operai edili, dove lavorò con Rausevic, Kostic e Miklos, ma che non divenne mai popolare e significativo come la scuola di Helbine. Le cause sono molte.

(Tratto da "I NAFS CROATI"di Vladimir Malekovic)
Rinnovamento e istituzione
La Scuola di Hlebine, invece, quella che oggi conosciamo, è nata alla fine degli anni quaranta e nel corso degli anni cinquanta, con un processo che ci sembra normale per quella situazione. La pittura saldamente definita di Ivan Generalic influenzò a lungo tutta la zona, aprendo alla meraviglia degli occhi degli abitanti e operando su quelli di molti giovani, sino a creare intorno al pittore un clima leggendario di grandezza e di successo. Poi, qualche contadino che di solito già sapeva tenere in mano carta e matita, cominciò ad andare da lui, così come era avvenuto negli anni trenta con Mirko Virius e Mijo Janekovic. Così ebbe inizio la formazione del "Brabante valdravino", dal carattere prima polemico e poi sentimentale, ma sempre spiritualmente attivo, di questa "regione artistica" che proprio per tale attività è entrata nella scena artistica contemporanea.
Comunque, appena nel 1952 si arriva, alla fondazione, che potremmo indicare come istituzionalizzazione in seno e nelle sale della società "Seljaca sloga"(concordia contadina), della "Mostra stabile di contadini pittori" (divenuta poi "Galleria d'arte primitiva"), cioè nel vecchio ambiente delle organizzazioni culturali contadine. Ma l'attività di questa istituzione cominciò a farsi sentire nella Podravina appena intorno al 1953/54. L'avvento di questa seconda generazione di pittori è stato dunque spontaneo, anteriore alla fondazione della Galleria; ma quest'ultima ha risposto prontamente e positivamente.
La seconda generazione nella sua prima cerchia comprende il solo villaggio di Hlebine, e si sviluppò spontaneamente. I primi "discepoli" furono i vicini di casa del Generalic: Franjo Filipovic (che espone nel 1946) e Dragan Gazi (che espone dal 1949). Un pò più tardi cominciò a esporre anche il figlio di Ivan Generalic, Josip Generalic, il quale in seguito creò una variante particolare. Ma più importante ancora è la seconda cerchia d'espansione che supera i limiti di Hlebine, anche se le sue novità stilistiche si manifestarono un pò avanti nel tempo: oltre la Drava , nel villaggio di Gola, troviamo Ivan Vecenaj, e in quello di Gornja Suma, vicinissimo a Hlebine, Mijo Kovacic, i quali esporranno dal 1954.
(Tratto da "I PITTORI NAIFS della Scuola di Hlebine" di Grgo Gamulin)
La seconda cerchia
Ivan Vecenaj
Gola, dove sono nato, un piccolo villaggio della Podravina, sulla riva destra della Drava, al confine con l'Ungheria. Ero il maggiore di 6 figli e la mia famiglia era poverissima. Mio padre e mia madre dovevano andare a lavorare a giornata per un pò di latte, per il trasporto della legna o per altre cose, ma anche perchè ci davano una chioccia che allevasse i pulcini.
Nelle lunghe serate invernali, noi bambini ci azzuffavamo, e mio padre per farci stare tranquilli prendeva un pezzo di carta, si trattava sempre del sacchetto in cui avevamo comperato sale o farina, e su quella carta disegnava per noi. Allora noi ci raccoglievamo intorno a lui, meravigliati del fatto che quella mano così pesante e callosa fosse in grado di disegnare con tanta facilità e creare tante cose strane..... Sicchè per me la pittura non era una cosa sconosciuta.
Mentre crescevamo, in famiglia aumentavano anche le preoccupazioni. A un certo momento mio padre smise di disegnare, e da quel giorno non lo vidi prendere mai più una matita in mano. Morì portandosi con sé il suo talento, che certamente doveva essere grande, come quello di centinaia di artisti che durante la loro vita nessuno aveva notato.
A scuola ero assolutamente il migliore in disegno. Mia madre mi ricordava spesso, che fin dalla prima infanzia avevo preso l'abitudine di sedermi per terra (in casa il nostro pavimento era di terra), sputavo su quel pavimento e con un ditino tracciavo non solo delle righe, ma facevo un centro dal quale partivano alcuni tratti che formavano una specie di raggi solari.
Infatti, sia a scuola che dopo la scuola prendevo carta e matita, tracciavo dei segni, ricopiavo immagini, qualcuna perfino la creavo, poi per regalarli a chiunque senza un motivo vero e proprio. Si trattava forse di un gioco. Tuttavia questo segnò l'inizio della mia pittura. Se per caso mio padre mi vedeva con una matita in mano e che stavo preparandomi per disegnare mi rimproverava dicendo:"Ivo, Ivo, lascia perdere il disegno, occupati piuttosto di qualche lavoro più serio, poichè non sarà certo il disegno a darti da vivere".
Osservavo i vecchi dipinti sulle pareti. I dipinti su vetro non sono una novità nella mia regione, poichè da tempo ogni casa ne aveva, li portavano a vendere per le case, come lo fanno anche oggi.
Di queste antiche pitture oggi ce ne sono ben poche, perchè un tempo quando una casa veniva demolita sparivano anche questi antichi dipinti, o finivano in qualche soffitta.
Anch'io volevo dipingere qualche cosa che assomigliasse a queste pitture.
Raccolsi un pò di denaro, e con una borsa sul braccio mi avviai alla stazione ferroviaria di Botovo. Dovevo fare dodici chilometri per arrivarci. Quindi presi il treno per Koprivnica. Arrivato in questa città mi recai in un negozio dove vendevano colori e chiesi dei colori a olio. Poichè n'erano tanti il negoziante mi chiese se ne volevo un barattolo da un chilo oppure un barattolo da mezzo chilo. La sua domanda mi stupì perchè presagivo che quelli non erano i colori adatti alla mia pittura. Comunque, siccome mi vergognavo di chiedere spiegazioni e poichè avevo poco denaro, mi feci dare un barattolo da mezzo chilo.
Lo misi nella borsa, pagai e corsi alla stazione per prendere il treno. Ma non feci in tempo perchè appunto in quel momento era partito. Rientrai a casa a piedi. Comincia a dipingere su una carta grossa. Mi ci volle del tempo prima che la carta assorbisse il colore, che non avevo diluito, e che era troppo denso. Finii di dipingere il mio primo quadro con quel colore. Mai potrò dimenticare il momento in cui il colore si asciugò perchè in quello stesso istante il mio dipinto si screpolò completamente, e non ottenni nulla. Vivevamo soli io e mia moglie, i figli erano piccoli e la vita molto dura. Un giorno venne da me l'esattore per farsi pagare l'imposta che non avevo pagato per tempo.
Non avevo niente da dargli, se si esclude la mucca che era in stalla, e che avevo acquistato con denaro preso a prestito. Entrato in casa l'esattore vide i miei quadri sul muro e mi chiese chi ne era l'autore. Gli risposi che li avevo fatti io, e lui mi disse:"Vedi, fanni altri due o tre e portali al comune, noi li acquisteremo, però dovranno essere più grandi e naturalmente migliori". Mi sequestrò la mucca e se ne andò. Mi misi all'opera e appena terminati i quadri li portai in comune, mi diedero 30.000 dinari, ne fui felicissimo, perchè a quel tempo quella somma rappresentava una fortuna. In seguito ricevetti una lettera da parte del dr. Aleksandar Brozovic, direttore del museo di Koprivnica,che avendo visto i miei due dipinti in comune, mi invitava a dipingere due quadri da mettere nel museo.
Cominciai così a dipingere per musei e gallerie e nel frattempo andavo sempre cercando nuovi temi e nuove idee per i miei quadri. Molti dei miei quadri sono tratti da scene bibliche, e realizzati nell'ambiente carattestico della Podravina. Sono sempre alla ricerca di nuove espressioni e per trovarle ho dovuto attraversare diverse fasi, fatto evidente dai miei quadri che riflettono la mia ininterrotta evoluzione fin dall'inizio.
La storia dirà quello che avrà da dire:
(Tratto da"Ivan Vecenaj Tislarov" di Grgo Gamulin)
Vecenaj e la scuola di Hlebine
Alcuni teorici scoprono pure le tracce di Hlebine nell'opera del Vecenaj. Nel 1965 O. Bihalji Merin scrive:"Ivan Vecenaj... tuttavia appartiene ai pittori di Hlebine per la tecnica e per la maniera del raccontare". B.Kelemen formula lo stesso pensiero:"Ivan Vecenaj non é il diretto allievo di Ivan Generalic, ma il suo inizio nella pittura, soprattutto per la maggior parte dei mezzi espressivi, é l'inizio di Hlebine". Il periodo dell'assimilazione dell'influsso di Hlebine(1956-1960) é stato studiato da G.gamulin, il quale lo considera il periodo critica dell'opera di Ivan Vecenaj. Il pittore stesso, come avevo già scritto,
(Tratto da "IL MIRACOLO DELL'ARTE NAIVE CROATA" di Josip Depolo)
Mijo Kovacic
(Tratto da"I PITTORI NAIFS della Scuola di Hlebine" di Grgo Gamulin)
Mijo Kovacic visita regolarmente le sagre contadine popolari. Con il suo cappello a larghe tese calcato sugli occhi, apparentemente disinteressato e immerso in questo mondo contadino, egli segue e considera continuamente, sveglio e curioso, tutto intorno a sè e archivia quelle robuste figure contadine simili a quelle del Bruegel, i rumorosi kermes contadini, la folla allegra che balla e distrugge davanti a sè le rive del ritegno e della riservatezza e si abbandona completamente allo spettacolo irrazionale che si svolge davanti ai suoi occhi. Il mondo fantastico di Mijo Kovacic è totalmente immaginario oppure ha la base solida nella realtà? La regione della Podravina, intorno a Gornja Suma, dove vive Kovacic, è veramente, e questo possono confermare tutti quelli che visitano questa parte della Podravina, un paesaggio fuori dal tempo. Qui tutto è come se il tempo si fosse fermato. Come se la natura vivesse una vita separata dalla civilizzazione moderna. Qui davvero vivono le figure
del mondo figurativo del Kovacic. Qui l'uomo davvero può perdersi e scomparire nella palude, nel fango vivo, nel bosco fitto di straricchi alberi favolosi. In una parola, questo è il paese fantasma in cui, "Il tempo si è fermato nel fango, nessuno carica più l'orologio"(Miroslav Dolenec). Ma in questa regione incantata vive la gente con le sue pene e con le sue gioie, con la propria filosofia della vita e cerca i suoi "resti del vivere" nelle "scarpe strette della vita".
Nelle lunghe serate invernali, noi bambini ci azzuffavamo, e mio padre per farci stare tranquilli prendeva un pezzo di carta, si trattava sempre del sacchetto in cui avevamo comperato sale o farina, e su quella carta disegnava per noi. Allora noi ci raccoglievamo intorno a lui, meravigliati del fatto che quella mano così pesante e callosa fosse in grado di disegnare con tanta facilità e creare tante cose strane..... Sicchè per me la pittura non era una cosa sconosciuta.
Mentre crescevamo, in famiglia aumentavano anche le preoccupazioni. A un certo momento mio padre smise di disegnare, e da quel giorno non lo vidi prendere mai più una matita in mano. Morì portandosi con sé il suo talento, che certamente doveva essere grande, come quello di centinaia di artisti che durante la loro vita nessuno aveva notato.
A scuola ero assolutamente il migliore in disegno. Mia madre mi ricordava spesso, che fin dalla prima infanzia avevo preso l'abitudine di sedermi per terra (in casa il nostro pavimento era di terra), sputavo su quel pavimento e con un ditino tracciavo non solo delle righe, ma facevo un centro dal quale partivano alcuni tratti che formavano una specie di raggi solari.
Infatti, sia a scuola che dopo la scuola prendevo carta e matita, tracciavo dei segni, ricopiavo immagini, qualcuna perfino la creavo, poi per regalarli a chiunque senza un motivo vero e proprio. Si trattava forse di un gioco. Tuttavia questo segnò l'inizio della mia pittura. Se per caso mio padre mi vedeva con una matita in mano e che stavo preparandomi per disegnare mi rimproverava dicendo:"Ivo, Ivo, lascia perdere il disegno, occupati piuttosto di qualche lavoro più serio, poichè non sarà certo il disegno a darti da vivere".
Osservavo i vecchi dipinti sulle pareti. I dipinti su vetro non sono una novità nella mia regione, poichè da tempo ogni casa ne aveva, li portavano a vendere per le case, come lo fanno anche oggi.
Di queste antiche pitture oggi ce ne sono ben poche, perchè un tempo quando una casa veniva demolita sparivano anche questi antichi dipinti, o finivano in qualche soffitta.
Anch'io volevo dipingere qualche cosa che assomigliasse a queste pitture.
Raccolsi un pò di denaro, e con una borsa sul braccio mi avviai alla stazione ferroviaria di Botovo. Dovevo fare dodici chilometri per arrivarci. Quindi presi il treno per Koprivnica. Arrivato in questa città mi recai in un negozio dove vendevano colori e chiesi dei colori a olio. Poichè n'erano tanti il negoziante mi chiese se ne volevo un barattolo da un chilo oppure un barattolo da mezzo chilo. La sua domanda mi stupì perchè presagivo che quelli non erano i colori adatti alla mia pittura. Comunque, siccome mi vergognavo di chiedere spiegazioni e poichè avevo poco denaro, mi feci dare un barattolo da mezzo chilo.
Lo misi nella borsa, pagai e corsi alla stazione per prendere il treno. Ma non feci in tempo perchè appunto in quel momento era partito. Rientrai a casa a piedi. Comincia a dipingere su una carta grossa. Mi ci volle del tempo prima che la carta assorbisse il colore, che non avevo diluito, e che era troppo denso. Finii di dipingere il mio primo quadro con quel colore. Mai potrò dimenticare il momento in cui il colore si asciugò perchè in quello stesso istante il mio dipinto si screpolò completamente, e non ottenni nulla. Vivevamo soli io e mia moglie, i figli erano piccoli e la vita molto dura. Un giorno venne da me l'esattore per farsi pagare l'imposta che non avevo pagato per tempo.
Non avevo niente da dargli, se si esclude la mucca che era in stalla, e che avevo acquistato con denaro preso a prestito. Entrato in casa l'esattore vide i miei quadri sul muro e mi chiese chi ne era l'autore. Gli risposi che li avevo fatti io, e lui mi disse:"Vedi, fanni altri due o tre e portali al comune, noi li acquisteremo, però dovranno essere più grandi e naturalmente migliori". Mi sequestrò la mucca e se ne andò. Mi misi all'opera e appena terminati i quadri li portai in comune, mi diedero 30.000 dinari, ne fui felicissimo, perchè a quel tempo quella somma rappresentava una fortuna. In seguito ricevetti una lettera da parte del dr. Aleksandar Brozovic, direttore del museo di Koprivnica,che avendo visto i miei due dipinti in comune, mi invitava a dipingere due quadri da mettere nel museo.
Cominciai così a dipingere per musei e gallerie e nel frattempo andavo sempre cercando nuovi temi e nuove idee per i miei quadri. Molti dei miei quadri sono tratti da scene bibliche, e realizzati nell'ambiente carattestico della Podravina. Sono sempre alla ricerca di nuove espressioni e per trovarle ho dovuto attraversare diverse fasi, fatto evidente dai miei quadri che riflettono la mia ininterrotta evoluzione fin dall'inizio.
La storia dirà quello che avrà da dire:
C'era una volta a Gola un contadino-pittore, che fino alla sua morte si è sempre occupato di pittura...
(Tratto da"Ivan Vecenaj Tislarov" di Grgo Gamulin)
Vecenaj e la scuola di Hlebine
L'argomento più convincente a favore della partogenesi di Vecenaj è secondo la mia opinione, l'esposizione di Koprivnica nel 1954 che io avevo chiamato l'esposizione storica per la nostra pittura naive. A questa esposizione si vede chiaramente il modello dilettantistico del Vecenaj, anche se é il dilettantismo al massimo grado. A me non importa che appena in questa esposizione il Vecenaj avesse incontrato I.Generalic, ma m'importa che a partire da questa esposizione egli si sia incamminato verso la pittura naive, come pure alcuni altri pittori che esponevano a quella esposizione. Se si può parlare della spinta di Hlebine, essa avviene appena dopo questa mostra; tuttavia il Vecenaj, nella sua fase barocca, assume alcuni elementi della iconografia di Hlebine, particolarmente per quanto riguarda i piani lontani del paesaggio.

afferma esplicitamente: "...nessuno di noi appartiene come alunno oppure come allievo, alla scuola di Hlebine". La ragione del rifiuto dell'esempio di Hlebine sono di profonde. Non ritengo che l'allargamento di alcuni elementi della iconografia di Hlebine sia decisivo, e soprattutto non distruttivo nella pittura del Vecenaj. Questo era, semplicemente, inevitabile, l'esempio era troppo forte. Ogni pittore, del resto, accademico oppure naif, dilettante di grado infimo, è soggetto oggi a una moltitudine di informazioni che non può controllare la loro provenienza, la loro attività e il loro influsso. Questo era piuttosto inevitabile su questa fascia stretta di Podravina dove soltanto i recinti separano i pittori, ma li legano gli stessi mentori, le stesse gallerie, gli stessi compratori, critici e massmedia. Per quanto riguarda questo influsso di Hlebine, secondo la mia opinione, esso esisteva davvero, ma Ivan Vecenaj ha dato a Hlebine molto più di quanto aveva appreso.
(Tratto da "IL MIRACOLO DELL'ARTE NAIVE CROATA" di Josip Depolo)
Mijo Kovacic
Nel freddo inverno e d'estate quando pioveva, io disegnavo per giornate intere. Più tardi mi procurai dei colori ad acquerello e nel 1953 cominciai a dipingere. Venni a sapere che un contadino di Hlebine, Ivan Generalic, si occupava di pittura. Andai da lui, gli mostrai i miei disegni e gli acquerelli, ed egli cominciò a insegnarmi a dipingere. Mi recai da lui parecchie volte....".
La sua immaginazione si schiuse a poco a poco, e anche la destrezza della sua mano si affinò di giorno in giorno riempiendo di cose osservate gli spazi della composizione, trasformandola conformemente allo "stile" che già allora andava formandosi. E intorno a tutti quegli elementi
persone, alberi, animali e case che questo pittore è uso a sistemare nei propri dipinti, già allora si avvertiva il fragore delle risate valdravine che rimarranno sempre la caratteristica fondamentale della pittura di Kovacic. Esse risuoneranno sopra i carici (piante acquatiche o adattate a vivere su substrati umidi, perciò si rinvengono facilmente negli stagni e nei terreni acquitrinosi) e le paludi, avvolgeranno gli alberi fantastici, urleranno dalle facce dei contadini, e sono queste risa beffarde espresse da un'antica anima contadina, sono
queste risa piene di spirito ironico e ribelle che spesso hanno salvato la gente della Podravina. Risa che spesso si confondevano col vento che fischia da oltre il fiume, dalle pianure ungheresi, il vento che d'inverno porta la neve che ricopre tutta la regione di un alto manto. Ma anche allora tale scherno tripudiava cipo e beffardo intorno alle casupole dei contadini e sugli alberi spogli che parevano urlare agitando i rami secchi negli spazi vuoti; anche allora per i cortili e per le strade si aggiravano le maschere carnevalesche, e accadevano sventure, incendi, alluvioni, e apparivano in cielo fenomeni angosciosi, aurore boreali, eclissi, e le risate si tramutavano allora in
sgomento e costernazione; come se il sentimento fatale e romantico del mondo fosse tornato manifestandosi in un'esplicita descrizione degli avvenimenti, in una narrativa che si fa strada tra la nostra attualità urbanizzata, e in mezzo a un'arte frantumata e ribelle, la quale è passata attraverso tutte le esperienze del nostro inferno intelettuale civilizzato. Mijo Kovacic ha apportato alla scuola di Hlebine l'ipertrofia ironica e autoironica, cui prima abbiamo accennato,e, per quanto riguarda il lato figurativo, innanzitutto la luce, una luce intensa come mezzo che ricrea un ambiente e rende possibile questo ingenuo e romantico poetare sulla natia terra valdravina.
(Tratto da"I PITTORI NAIFS della Scuola di Hlebine" di Grgo Gamulin)


Mijo Kovacic è il pittore che si è ispirato all'esempio della scuola di Hlebine, ma si è formato completamente da solo e all'infuori di nessun centro figurativo ed è diventato il pittore di formato mondiale.
(Tratto da "IL MIRACOLO DELL'ARTE NAIVE CROATA" di Josip Depolo)
La seconda generazione
La pittura di Hlebine d'anteguerra, quella del periodo "eroico" di questa scuola, ormai dimenticata e trascurata, nel dopoguerra dà il suo primo segno d'esistere ancora con una mostra nella vicina cittadina di Koprivnica, nel 1946. Qui Ivan Generalic ha portato le prime opere di due giovani suoi compaesani: quelle di Franjo Filipovic e di Franjo Dolenec. Diversamente dal primo, il periodo naif di quest'ultimo non durerà a lungo: già nel 1951 Dolenec frequenta l'Accademia delle Belle Arti di Zagabria e si allontana dall'arte naive. Qualche anno dopo entra a far parte di questo movimento, che è agli inizi, anche Dragan Gazi, molto discretamente, sviluppandosi in un modo che di per sè prova come i talenti si possono rivelare spesso anche nell'ambito di una lunga, temporaneamente, eppur ampia, irradiazione di un ambiente artistico determinato, e quando lentamente essi acquisiscano quell'importanza e quel livello artistico che sono il presupposto dell'arte, per la quale è anche doppiamente importante quell'intera coesione stilistica che ci conduce necessariamente a quel criterio differenziale col quale vogliamo significare la necessità di scoprire, innanzitutto, nuovi valori stilistici o almeno iconografici propri e particolari, e quindi la necessità che tali valori raggiungano un certo livello artistico.
In quel momento in presenza, dello stile classico di Ivan Generalic, ciò che era tutt'altro che facile, e nei periodi successivi sarà ancora più difficile. Comunque, senza considerare le fasi di uno sviluppo che possa volgere al suo esaurimento, che talvolta anche vi arrivi per poi nuovamente superarlo, noi riteniamo di dover procedere nella nostra analisi applicando necessariamente il criterio differenziale dei valori, finchè le differenze e le diversificazioni permanerranno in seno alla "scuola".
(Tratto da "I PITTORI NAIFS della Scuola di Hlebine" di Grgo Gamulin)



Mijo Kovacic visita regolarmente le sagre contadine popolari. Con il suo cappello a larghe tese calcato sugli occhi, apparentemente disinteressato e immerso in questo mondo contadino, egli segue e considera continuamente, sveglio e curioso, tutto intorno a sè e archivia quelle robuste figure contadine simili a quelle del Bruegel, i rumorosi kermes contadini, la folla allegra
che balla e distrugge davanti a sè le rive
del ritegno e della riservatezza e si abbandona completamente allo spettacolo irrazionale che si svolge davanti ai suoi occhi.

(Tratto da "I PITTORI NAIFS della Scuola di Hlebine" di Grgo Gamulin)

(Tratto da "I PITTORI NAIFS della Scuola di Hlebine" di Grgo Gamulin)


.....Egli si è avventurato da solo in quella foresta di malintesi e d'incomprensioni valendosi di ciò che sapeva o anche in virtù della propria ignoranza, egli cercò di farsi strada in un ambito artistico già consolidato e così, verso la metà degli anni sessanta, Josip Generalic riuscì a sfondare, come si usa dire. (continua...)
(Tratto da "I PITTORI NAIFS della Scuola di Hlebine" di Grgo Gamulin)

.....non è dunque difficile scoprire la verità su questo pittore. Essa sta nella Podravina e nella sua arte , aspra e feroce, ironica e ribelle. Ivan Lackovic ha portato questa sua sentimentalità soave trasformando, e aprendo non a caso proprio lui, la sfera locale a una visione più generale. La Podravina rappresenta solamente una parte del paese natio rattristato ed amato. Sono comunque molto eloquenti, soprattutto quando una parola, una metafora o forse soltanto una tenue allusione, o anche semplicemente una visione, siano intimamente intese e armonizzate mediante quei parsimoniosi mezzi pittorici con i quali questo pittore ha creato il proprio mondo. (continua...)
(Tratto da "I PITTORI NAIFS della Scuola di Hlebine" di Grgo Gamulin)

(Tratto da "I PITTORI NAIFS della Scuola di Hlebine" di Grgo Gamulin)

(Tratto da "I PITTORI NAIFS della Scuola di Hlebine" di Grgo Gamulin)
