Genesi della pittura naive croata

Genesi della pittura naive croata




Arte naive e arte moderna
L'arte naive è uno dei linguaggi che permette sempre una quantità di modalità, a seconda della personalità dell'autore. Al livello di tendenze storiche essa è una forma senza carattere, che vive del caso delle ispirazioni poetiche. Non è, dunque, un nuovo linguaggio, una nuova percezione. Altresì non va considerata fuori dal tempo, allo stesso modo come il suo autore non vive fuori della storia. Essa non è solo un meccanico accumularsi di immagini e figure vissute e scelte dall'autore, bensì una somma  di cose incomparabili che sono sfuggite allo sprofondamento grazie alle sottili espressioni della sensibilità interna degli artisti naifs.
E' possibile dire che l'artista naif non commenta minuziosamente le cose, la natura oppure gli avvenimenti. Egli non crea la sua utopia nel presente.
L'arte naive non è la soffitta della scuola nè dello stile , ma un rifugio per tutti quegli artisti che cercano, col sentimento e l'intuizione, di penetrare nei complessi rapporti dell'uomo con il mondo.
L'artista naif segue più le leggi della propria natura che le leggi dell'arte; per lui l'opera artistica non è mai un fenomeno speculativo. Di conseguenza, il fattore dell'originalità cresce in dipendenza della deviazione dello stile personale degli artisti dal possibile e riconoscibile modello.
Vi sono dunque delle differenze rispetto all'arte moderna ed esse sono qualche volta di natura molto sottile, ma spesso anche fondamentali. Mentre nell'arte moderna quasi tutto dovrebbe nascere fuori dall'intuitivo processo soggettivo, nell'arte naive senza questo non c'è niente di autentico. Anche quando imita la forma adottata, l'artista naif respinge ogni sentimento altrui e lo sostituisce con quello proprio; è dunque un archeologo che scava sotto i fondamenti del proprio essere.
Nell'artista naif l'imitazione non è solo quel momento iniziale della creatività in cui balena il principio dell'opera artistica, che l'artista conscio  poi sviluppa fino all'opera completamente formata; l'intuizione è nel caso specifico l'istinto con cui l'artista naif penetra disinteressatamente e più profondamente nella realtà. La forma dell'arte naive è infatti impura, perchè caricata della istintiva interpretazione della vita.
La semplicità dell'arte naive non dovrebbe essere dunque dedotta dal carattere della formabensì dalla ingenua posizione della coscienza. Nelle opere degli artisti naifs ci è possibile quasi sempre seguire le preponderanza dell'aspetto vissuto rispetto a quello delle attività soggettive dell'artista naif che esprime i suoi più profondi e primordiali istinti umani.
                                   
(Tratto da "I NAFS CROATI"di Vladimir Malekovic)





Per comprendere al meglio l'arte naif croata e ciò che la ha creata, di seguito, svilupperemo un cammino che parte dall'analisi dell'ambiente in cui si è sviluppata, dagli artefici di questo movimento, dal contesto in cui si è sviluppata fino ai nostri giorni. 


Il territorio dove nasce e si sviluppa l'arte naif croata

La Podravina

Si intende tutta quella regione che va da Ludbreg a Osijek: basse pianure e valli che la Drava inonda. Chi guarda verso la Drava, dove il terreno è umido, vede crescere salici, ontani e pioppi; vede i colori che sfumano dal giallo pallido, vede toni rossastri e i verdi stupendi delle foglie. Anche in autunno, quando tutto è maturo.....
Nelle terre alte di Bilogora ci sono piccoli paesi e case con giardini, in ognuno di essi si trovano peri, meli, alberi di prugne e noci. Colline ondulate e ricoperte di vigneti pieni d'uva. Più in basso si coltiva il tabacco, ma soprattutto, si coltivano le patate, la barbabietola, il grano, il mais; si allevano molti maiali, dei tori e vitelli.


La Podravina geograficamente è la regione di confine lungo i fiumi Drava verso l’Ungheria limitata dai pendii delle montagne  Kalnik, Bilogora, Papuk e Krndija.





La mia Hlebine si trova delimitata da una parte dal corso del fiume Drava e, dall'altra, dalle alture ricoperte di vigneti della regione di Bilogora.
Anche il mio vigneto è lassù. Nel paese, oggi si contano quasi duemila abitanti e ci sono ancora molte vecchie case con i tetti che cominciano a cedere.
C'è ancora i fango nelle strade, d'inverno, quando il gelo si scioglie o quando la pioggia rende molle il terreno.
Io trovo ancora adesso queste strade più in teressanti dei lunghi nastri delle autostrade, forse perchè mi sembra che esse portino ancora le tracce dei miei passi infantili. La chiesa è dedicat a S.Caterina, che si festeggia il 25 novembre, e abbiamo anche una locanda, all'incrocio, e la scuola per tutti i primi otto anni di corso. Negli ultimi anni abbiamo anche costruito una galleria d'arte, per i pittori naifs, e devo dire con soddisfazione che le visite non mancano.
Qualche volta la Drava inonda la campagna, soprattutto il vicino villaggio di Gabajeva Greda, una zona tra le più misere della regione, e quando questo succede, la gente lì attorno resta senza nemmeno un pezzo di pane.
Dalle inondazioni si salvano solo le terre alte di Bilogora, ma in basso la terra è molto fertile perchè il fiume lascia dietro di sè il fango che rende il raccolto molto più abbondante, l'anno dopo.
I contadini, qui, sanno bene queste cose; ormai conoscono i capricci del fiume e le sue forze improvvise. E' una lezione che abbiamo appreso da secoli: il fiume un anno prende, l'anno dopo dà.






(Tratto da "IL MAGICO MONDO  di IVAN GENERALIC" di Nebojsa Tomasevic)









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I protagonisti



IVAN GENERALIC


In queste poche strade di Hlebine ho passato la maggior parte dei miei sessant'anni: mio padre, figlio maggiore, lasciò la casa di mio nonno per comprarsene una sua nella piccola strada che chiamano Crnilo. Dev'essere stata la casa più misera del villaggio, aveva solo due piccole finestre e il tetto che lasciava filtrare l'acqua. Il cortile era molto stretto per essere una vera aia, e in mezzo c'erano due meli che vi crescevano. Vivevamo molto poveramente perché mio padre per lungo tempo non ebbe molta terra da lavorare, sposò una ragazza della stessa strada. Il nome di mia madre era Senko. Da quella casa......., passammo ad abitare al centro del paese, in una casa che era della zia di mia madre. E' stato lì, in quella casa al centro del paese, che ho vissuto, mi sono sposato, ho dipinto.

Cosa mi ha spinto a dipingere?

Mi è molto difficile dire come e quando ho cominciato. Non mi ricordo un giorno particolare in cui dissi a me stesso: "Ora mi metterò a disegnare". Quando ero piccolo e giocavo con altri ragazzi nel cortile ogni volta che trovavo un pezzo di mattone rosso o un carbone nero caduto dalla stufa, nelle ceneri in basso, lo prendevo e mi mettevo a disegnare dappertutto. Si può dire che ero spinto più a fare questo che a giocare. Mi piaceva andare da solo a fare disegni sui cancelli con il mio pezzo di carbone o di mattone e, naturalmente, c'era sempre qualcuno pronto a darmi una lezione perché sceglievo i cancelli nuovi, con assi pulite e dipinte di fresco, per disegnarci sopra.

Mi ricordo, invece, come ebbi i mie primi colori.

A quei tempi per decorare l'albero di Natale non c'erano le scintillanti palline di vetro che si usano oggi, e le donne del paese sedevano attorno ad un tavolo, nelle sere d'inverno, per fare rose di carta colorata ed altri ornamenti, comprando la carta crespata da ritagliare e piegare, nel negozio del villaggio.
Io gironzolavo, prima di andare a scuola, raccogliendo tutti i ritagli e ogni pezzetto caduto in terra. Il giorno dopo mettevo tutti i pezzettini rossi in un recipiente, quelli verdi in un altro, quelli gialli o blu in altri ancora, e li lasciavo a bagno per una notte. Così mi procurai i miei primi colori.

In quanto ai soggetti dei miei disegni, essi erano presi dalla Bibbia. Le figure dei Santi, della Madonna, la Crocifissione.... erano solo disegni e non mi interessavano molto.
Un giorno mi impadronii del libro e cominciai a colorare tutti quei disegni con i colori che mi ero preparato, usando un pezzo di cartone sfilacciato come pennello.

Nei primi anni non fui davvero ben accolto come pittore nel mio villaggio. I miei compaesani mi prendevano in giro perché non facevo le figure come credevano che dovessero apparire. Nei miei quadri la gente aveva grandi teste, grandi mani, piccoli piedi. Ogni casa che dipingevo sembrava sul punto di crollare e tutta la gente del villaggio si prendeva gioco di me per questo, e rideva del mio lavoro. Ma quelli della città guardarono diversamente alle mie opere, grazie soprattutto al gruppo di artisti "Terra" (Zemlja) che mi accettò con loro e mi incoraggiò molto, stimolandomi a proseguire.






(Tratto da "IL MAGICO MONDO  di IVAN GENERALIC" di Nebojsa Tomasevic)





Una vita dura e di stenti, una pittura che durò quattro anni per alcune decine di dipinti e disegni, ed infine il martirio nel campo di concentramento tedesco di Zemun, ecco quanto è rimasto di questo povero pittore-contadino di Djelekovac.
 La sua morte ha dato a questa vita e a questa " pittura ribelle" un'aureola che ancor'oggi rifulge. Forse già nella stessa denominazione di "pittore-contadino", o di "pittore-rustico", sta anche la definizione figurativa di una pittura che appartiene in gran parte al dilettantismo di campagna, e soltanto in parte minore alla pittura naive. Egli riprese a dipingere nella primavera del 1936, quando aveva 47 anni, allorchè dopo l'interdizione della "Zemlja"(Terra) cominciò a costituirsi il gruppo dei "Contadini pittori croati", e il contadino-scrittore Mihovil Pavlek Miskina lo mise in contatto con i pittori del vicino villaggio di Hlebine, cioè con Ivan Generalic e Franjo Mraz.
Oltre al suo disegnare individuale dilettantistico e assai sporadico anche questo episodio rende evidente come la sua origine fosse a lato della "Zemlja", e solo più tardi si potrà intravvedere una certa inclinazione verso la stilistica hlebinese. Lo stile naif non è ancora rilevabile, ma nelle opere migliori, le più, descrittivamente "concise", vi sono una purezza e una semplicità promettenti che indubbiamente riconfermano l'ingegno innato in questo contadino. Nel 1937 si manifesta un fenomeno interessante: egli abbandona il realismo e passa a una sintesi forzata alla quale il pittore è obbligato e che sembra convenga alle sue capacità: le tempere su vetro sono praticate in quest'ampia sintesi, e questo nuovo valore sembra attirare il pittore. Nel 1938 abbandona la pittura su vetro per dipingere a olio su tela. I fattori figurativi, artistici, rimangono risolutivi per l'opera di Virius, la cui sorte umana e artistica sarebbe stata presto segnata e tragicamente definita: prima le persecuzioni politiche, quindi la guerra, la partecipazione al Movimento di liberazione nazionale e la morte nel campo di concentramento che venne a stroncare una breve stagione artistica della quale ci sono rimasti solo esigui frammenti.

(Tratto da "I PITTORI NAIFS della Scuola di Hlebine" di Grgo Gamulin)



Uno dei due iniziatori della Scuola di Hlebine, ha avuto una sorte diversa da quella di Generalic, una vita e un'arte alterna e discontinua, come la sua opera che per molta parte è andata dispersa. Cominciò a disegnare a dodici anni (nel 1922), un fatto che ricorre spesso nella "preistoria" dei pittori autodidatti. Nella vera storia della pittura naive egli entrò nel 1931 come Ivan Generalic, ma anche di questi anni poco è rimasto. Egli sviluppò la sua indole lirica intorno al 1935/36. Alcune di quelle sue prime tempere su vetro hanno un'impronta poetica ricca di delicate improvvisazioni cromatiche, e queste sue prime opere ci lasciano immaginare quanto abbiamo perduto in seguito a circostanze tragiche.
Di riflesso, prende  anche rilievo fondamentale per tutta la cerchia di Hlebine in particolare e per la pittura naive in generale la questione collegata al suo tentativo di uscire dalla "scuola"(e dal "rapporto naif" in generale) e quella del suo ricollegarsi. Come già detto, anche Mraz, come in quasi tutti questi pionieri-autodidatti oltre a una "preistoria" sconosciuta, troviamo il disegnare sin dalla tenera età, l'eventuale pittura ad acquerello; ma per Mraz, a differenza di Generalic, l'incontro con Krsto Hegedusic dura molto meno. Egli esponeva i suoi acquerelli per la prima volta alla mostra "Zemlja" nel 1931, per distaccarsene poco dopo, e più tardi ha luogo il suo lavoro organizzativo nel gruppo dei "Contadini-pittori croati" del quale in sostanza era  a capo. Nel 1955, la Scuola di Hlebine aveva già avviato il proprio sviluppo, indipendentemente da Mraz, anche senza quella sua libertà particolare nella scrittura e nella coloritura.
In effetti, l'abbandono dal rapporto naif di Mraz si era manifestato dopo l'occupazione e il cataclisma della guerra persino in una cosciente decisione di raggiungere, mediante il metodo realistico, il sistema ed eventualmente il livello della pittura accademica. Il distacco di Mraz da Hlebine e da Zagabria, cioè da tutto un ambiente, è un problema particolare, ma comunque forse questa fu comprensibilmente la ragione principale per la quale il pittore perdette i contatti con la morfologia della scuola, non prese parte ulteriore alla sua creazione e si trovò in una possibilità psicologica e creativa molto relativa per qualsiasi ripresa stilistica.
 






(Tratto da "I PITTORI NAIFS della Scuola di Hlebine" di Grgo Gamulin)





Nel 1927 dipinse a Parigi la composizione intitolata "Eravamo in cinque dentro la cantina". Allora non sognava nemmeno che questa sua escursione nell'eredità pittorica regionale, causata più dalla nostalgia che da una cosidetta "Scuola di Hlebine".
Dopo una fitta corrispondenza con Krleza(1927), Hegedusic potè definire più chiaramente la sua posizione di uomo e di artista: "...il mio cuore appartiene alla classe operaia e contadina ed il mio lavoro è al servizio dei popoli oppressi e dei mondi fuorilegge". Da quest'epoca egli cercò nella sua opera non soltanto la risposta alle questioni dell'arte, ma anche a quelle angosciose del suo tempo e della sua società. Dopo il ritorno in Croazia concretizzò queste idee assieme ad altri artisti della stessa opinione, nell'attività dell'associazione "La Terra"(Zemlja)(1929-1935).
Gli appartenenti a "La Terra" uscirono "nelle strade delle città e nei campi dei villaggi". Secondo loro "forma e modo di espressione sono importanti ugualmente come l'avvenimento e come il senso". Essi sono consci che "la vita contemporanea è penetrata dalle idee sociali e che le questioni del collettivo sono dominanti"! Ribelli, essi esclamano:"Noi neghiamo la concezione accademica della pittura, neghiamo la concezione convenzionale della bellezza"!
Nel periodo dei primi incontri con i contadini di Hlebine, nella pittura dello stesso Hegedusic esistevano già tutti i presupposti per quello stile che doveva rispondere alle esigenze del "nostro linguaggio artistico popolare". Dunque ancor prima dell'incontro con Generalic e Mraz(1930-1931), lo stile personale di Hegedusic, i suoi gusti e le sue scelte erano già definiti."Insaziabile nella bruttezza" come Brueghel, Bosch o Goya, egli respinge nelle sue opere ogni idealizzazione pittorica.

Con la sua partecipazione al gruppo de "La Terra", Hegedusic accetta e condivide definitivamente "l'arte del collettivo": grazie a lui, l'esigenza del "livello artistico più alto" diventa una delle mete dell'associzione de "La Terra".
Naturalmente, si poneva la questione della forma e del soggetto "dell'arte collettiva". Basandosi sulle esperienze e i risultati del suo lavoro con "i contadini di Hlebine", soffermandosi sulle opere di Henri Rousseau, Pirosmanisvili e degli artisti del gruppo "La Terra", Hegedusic sviluppò la sua analisi sul soggetto e gli elementi pittorici "dell'arte del collettivo".
Il soggetto doveva essere "il riflesso degli antagonismi sociali e della nostra realtà, mentre la forma doveva farlo inteleggibile "per i ceti più vasti del popolo". Nel medesimo articolo di Hegedusic sviluppò un'estetica che, applicata conseguentemente dai pittori contadini di Hlebine. La pittura doveva essere "la superficie concepita nella sua bidimensionalità", con il colore locale "dal carattere aperto". Il disegno doveva essere "sicuro, inteleggibile".
Tale concezione pittorica era non soltanto punto di partenza della Scuola di Hlebine, ma aveva un significato molto più vasto: in essa Hegedusic formulò un'anticipazione storica "dell'estetica" dell'arte naive nel nostro mondo. Un'analisi perspicace ci fornisce la conclusione, valida tutt'oggi:
 la rappresentazione "semplice" e "semplificata" dell'oggetto nell'arte naive non è frutto dell'ingenuità o della semplicità dell'artista, ma è "la conseguenza dei mezzi limitati d'elaborazione"! 




 (Tratto da "I NAFS CROATI"di Vladimir Malekovic)


La Scuola di Hlebine


Quando, attorno al 1930, Krsto Hegedusic stabilì contatti con i contadini, Ivan Generalic e Franjo Mraz erano pittori dilettanti. Ad Ivan Generalic, che allora era soltanto sedicenne, egli insegnò le basi del mestiere:"E così lui seppe di me, venne da me e mi consigliò per il mio futuro lavoro..." Krsto Hegedusic fece il possibile per insegnare non soltanto a Generalic, ma anche a Mraz, le basi dei mezzi e della forma, soprattutto con particolare riguardo al soggetto "che doveva essere il riflesso dei conflitti sociali e della nostra realtà".
"Mi diceva sempre, scrive Generalic nella sua biografia, dipingi così come vedi tu solo e non imitare nessuno". Mraz aggiunge: "La sua prima indicazione era: non copiate belle fotografie colorate, ma dipingi il tuo ambiente".
In quel tempo Krsto Hegedusic già differenziava "l'arte popolare" dalla creatività, che lui chiamava "l'arte del collettivo o l'arte della sinistra". Non lo soddisfaceva la "costatazione indifferente delle circostanze di vita dell'autore, che trovano la loro risonanza nell'arte popolare", ma reclamava anche "la coscienza sociale". Non è sufficiente che i contadini scelgano il soggetto "che contiene tutte le caratteristiche dell'ambiente", ma è necessario "che non sia mai immaginario, ma sempre vissuto". A questo riguardo diventa chiaro l'orientamento pedagogico di Hegedusic verso la Scuola di Hlebine: egli insisteva su un'arte tendenziosa e non popolare, su una pittura che riflettesse la realtà attraverso l'evento soggettivo e non "il popolo" attraverso il motivo folcloristico.

Krsto Hegedusic cominciò a lavorare con i contadini di Hlebine durante le vacanze estive del 1930. Dopo un quarto di secolo Ivan Generalic così ricorda quell'incontro: "Il sig Krsto Hegedusic lavorava come professore all'Accademia di Belle Arti in Zagabria e veniva a Hlebine soltanto durante le vacanze; lui dunque mi istruiva allora per il mio lavoro". Nel 1931 alla riunione dell'Associazione artistica "La Terra"(Zemlja)(verbale del 1 giugno) era stato convenuto il presentare, in occasione della prossima rassegna del gruppo, anche le opere della scuola contadina di pittura di Hlebine. Così alla terza esposizione del gruppo "La Terra" organizzata nel padiglione artistico di Zagabria(3-12 settembre 1931) esposero i loro disegni e acquerelli anche Ivan Generalic e Franjo Mraz.

Nel quotidiano di Zagabria Notizie(8 settembre 1932) si legge per la prima volta del circolo pittorico di Helbine. Nell'articolo si parla della "scuola di pittura di Hlebine" e si precisa che il controllo tecnico è di Krsto Hegedusic. Quel concetto, "la scuola di Hlebine", rimarrà fino ad oggi, anche se il significato è diverso. Quasi nello stesso tempo Krsto Hegedusic, fondò un circolo pittorico nell'ambito del sindacato degli operai edili, dove lavorò con Rausevic, Kostic e Miklos, ma che non divenne mai popolare e significativo come la scuola di Helbine. Le cause sono molte.

Il movimento letterario contadino era al suo culmine, il ruralismo era in voga tra i politici con orientamento populista. Accanto al gruppo "La Terra" sorsero molte iniziative culturali con l'intenzione di affermare i contadini-scrittori e contadini-pittori. La prima "Raccolta dei contadini croati"(Zagabria, 1936) contiene già le autobiografie e le riproduzioni delle opere di Ivan Cace, Ivan Generalic, Franjo Mraz e Mirko Virius. Però a garantire il successo della Scuola di Hlebine fu determinante un lavoro continuo sotto il controllo di Hegedusic, mentre le analoghe iniziative tra i lavoratori, mancando di sistematicità, furono prevalentemente di breve durata. Hegedusic scoprì molto presto il talento di Ivan Generalic e ne affermò la personalità tra le maggiori attive nel gruppo "La Terra".

 (Tratto da "I NAFS CROATI"di Vladimir Malekovic)








Rinnovamento e istituzione

La Scuola di Hlebine, invece, quella che oggi conosciamo, è nata alla fine degli anni quaranta e nel corso degli anni cinquanta, con un processo che ci sembra normale per quella situazione. La pittura saldamente definita di Ivan Generalic influenzò a lungo tutta la zona, aprendo alla meraviglia degli occhi degli abitanti e operando su quelli di molti giovani, sino a creare intorno al pittore un clima leggendario di grandezza e di successo. Poi, qualche contadino che di solito già sapeva tenere in mano carta e matita, cominciò ad andare da lui, così come era avvenuto negli anni trenta con Mirko Virius e Mijo Janekovic. Così ebbe inizio la formazione del "Brabante valdravino", dal carattere prima polemico e poi sentimentale, ma sempre spiritualmente attivo, di questa "regione artistica" che proprio per tale attività è  entrata nella scena artistica contemporanea. 
Comunque, appena nel 1952 si arriva, alla fondazione, che potremmo indicare come istituzionalizzazione in seno e nelle sale della società "Seljaca sloga"(concordia contadina), della "Mostra stabile di contadini pittori" (divenuta poi "Galleria d'arte primitiva"), cioè nel vecchio ambiente delle organizzazioni culturali contadine. Ma l'attività di questa istituzione cominciò  a farsi sentire nella Podravina appena intorno al 1953/54. L'avvento di questa seconda generazione di pittori è stato dunque spontaneo, anteriore alla fondazione della Galleria; ma quest'ultima ha risposto prontamente e positivamente.
La seconda generazione  nella sua prima cerchia comprende il solo villaggio di Hlebine, e si sviluppò spontaneamente. I primi "discepoli" furono i vicini di casa del Generalic: Franjo Filipovic (che espone nel 1946) e Dragan Gazi (che espone dal 1949). Un pò più tardi cominciò a esporre  anche il figlio di Ivan Generalic, Josip Generalic, il quale in seguito creò una variante particolare. Ma più importante ancora è la seconda cerchia d'espansione che supera i limiti di Hlebine, anche se le sue novità stilistiche si manifestarono un pò avanti nel tempo: oltre la Drava , nel villaggio di Gola, troviamo Ivan Vecenaj, e in quello di Gornja Suma, vicinissimo a Hlebine, Mijo Kovacic, i quali esporranno dal 1954.  




(Tratto da "I PITTORI NAIFS della Scuola di Hlebine" di Grgo Gamulin)

La seconda cerchia

Ivan Vecenaj



Gola, dove sono nato, un piccolo villaggio della Podravina, sulla riva destra della Drava, al confine con l'Ungheria. Ero il maggiore di 6 figli e la mia famiglia era poverissima. Mio padre e mia madre dovevano andare a lavorare a giornata per un pò di latte, per il trasporto della legna  o per altre cose, ma anche perchè ci davano una chioccia che allevasse i pulcini. 
Nelle lunghe serate invernali, noi bambini ci azzuffavamo, e mio padre per farci stare tranquilli prendeva un pezzo di carta, si trattava sempre del sacchetto in cui avevamo comperato sale o farina, e su quella carta disegnava per noi. Allora noi ci raccoglievamo intorno a lui, meravigliati del fatto che quella mano così pesante e callosa fosse in grado di disegnare con tanta facilità e creare tante cose strane..... Sicchè per me la pittura non era una cosa sconosciuta.
Mentre crescevamo, in famiglia aumentavano anche le preoccupazioni. A un certo momento mio padre smise di disegnare, e da quel giorno non lo vidi prendere mai più una matita in mano. Morì portandosi con sé il suo talento, che certamente doveva essere grande, come quello di centinaia di artisti che durante la loro vita nessuno aveva notato.
A scuola ero assolutamente il migliore in disegno. Mia madre mi ricordava spesso, che fin dalla prima infanzia avevo preso l'abitudine di sedermi per terra (in casa il nostro pavimento era di terra), sputavo su quel pavimento e con un ditino tracciavo non solo delle righe, ma facevo un centro dal quale partivano alcuni tratti che formavano una specie di raggi solari.
 Infatti, sia a scuola che dopo la scuola prendevo carta e matita, tracciavo dei segni, ricopiavo immagini, qualcuna perfino la creavo, poi per regalarli a chiunque senza un motivo vero e proprio. Si trattava forse di un gioco. Tuttavia questo segnò l'inizio della mia pittura. Se per caso mio padre mi vedeva  con una matita in mano e che stavo preparandomi per disegnare mi rimproverava dicendo:"Ivo, Ivo, lascia perdere il disegno, occupati piuttosto di qualche lavoro più serio, poichè non sarà certo il disegno a darti da vivere".
Osservavo i vecchi dipinti sulle pareti. I dipinti su vetro non sono una novità nella mia regione, poichè da tempo ogni casa ne aveva, li portavano a vendere per le case, come lo fanno anche oggi. 


Di queste antiche pitture oggi ce ne sono ben poche, perchè un tempo quando una casa veniva demolita sparivano anche questi antichi dipinti, o finivano in qualche soffitta.
Anch'io volevo dipingere qualche cosa che assomigliasse a queste pitture.
Raccolsi un pò di denaro, e con una borsa sul braccio mi avviai alla stazione ferroviaria di Botovo. Dovevo fare dodici chilometri per arrivarci. Quindi presi il treno per Koprivnica. Arrivato in questa città mi recai in un negozio dove vendevano colori e chiesi dei colori a olio. Poichè n'erano tanti il negoziante mi chiese se ne volevo un barattolo da un chilo oppure un barattolo da mezzo chilo. La sua domanda mi stupì perchè presagivo che quelli non erano i colori adatti alla mia pittura. Comunque, siccome mi vergognavo di chiedere spiegazioni e poichè avevo poco denaro, mi feci dare un barattolo da mezzo chilo.
 Lo misi nella borsa, pagai e corsi alla stazione per prendere il treno. Ma non feci in tempo perchè appunto in quel momento era partito. Rientrai a casa a piedi. Comincia a dipingere su una carta grossa. Mi ci volle del tempo prima che la carta assorbisse  il colore, che non avevo diluito, e che era troppo denso. Finii di dipingere il mio primo quadro con quel colore. Mai potrò dimenticare il momento in cui il colore si asciugò perchè in quello stesso istante il mio dipinto si screpolò completamente, e non ottenni nulla. Vivevamo soli io e mia moglie, i figli erano piccoli e la vita molto dura. Un giorno venne da me l'esattore per farsi pagare  l'imposta che non avevo pagato per tempo.
 Non avevo niente da dargli, se si esclude la mucca che era in stalla, e che avevo acquistato con denaro preso a prestito. Entrato in casa l'esattore vide i miei quadri sul muro e mi chiese chi ne era l'autore. Gli risposi che li avevo fatti io, e lui mi disse:"Vedi, fanni altri due o tre e portali al comune, noi li acquisteremo, però dovranno essere più grandi e naturalmente migliori". Mi sequestrò la mucca e se ne andò. Mi misi all'opera e appena terminati i quadri li portai in comune, mi diedero 30.000 dinari, ne fui felicissimo, perchè a quel tempo quella somma rappresentava una fortuna. In seguito ricevetti una lettera da parte del dr. Aleksandar Brozovic, direttore del museo di Koprivnica,che avendo visto i miei due dipinti in comune, mi invitava a dipingere due quadri da mettere nel museo. 
Cominciai così a dipingere per musei e gallerie e nel frattempo andavo sempre cercando nuovi temi e nuove idee per i miei quadri. Molti dei miei quadri sono tratti da scene bibliche, e realizzati nell'ambiente carattestico della Podravina. Sono sempre alla ricerca di nuove espressioni e per trovarle ho dovuto attraversare diverse fasi, fatto evidente dai miei quadri che riflettono la mia ininterrotta evoluzione fin dall'inizio.
La storia dirà quello che avrà da dire:
C'era una volta a Gola un contadino-pittore, che fino alla sua morte si è sempre occupato di pittura... 









(Tratto da"Ivan Vecenaj Tislarov" di Grgo Gamulin)


Vecenaj e la scuola di Hlebine 

 L'argomento più convincente a favore della partogenesi di Vecenaj è secondo la mia opinione, l'esposizione di Koprivnica nel 1954 che io avevo chiamato l'esposizione storica per la nostra pittura naive. A questa esposizione si vede chiaramente il modello dilettantistico del Vecenaj, anche se é il dilettantismo al massimo grado. A me non importa che appena in questa esposizione il Vecenaj avesse incontrato I.Generalic, ma m'importa che a partire da questa esposizione egli si sia incamminato verso la pittura naive, come pure alcuni altri pittori che esponevano a quella esposizione. Se si può parlare della spinta di Hlebine, essa avviene appena dopo questa mostra; tuttavia il Vecenaj, nella sua fase barocca, assume alcuni elementi della iconografia di Hlebine, particolarmente per quanto riguarda i piani lontani del paesaggio.
Alcuni teorici scoprono pure le tracce  di Hlebine nell'opera del Vecenaj. Nel 1965 O. Bihalji Merin scrive:"Ivan Vecenaj... tuttavia appartiene ai pittori di Hlebine per la tecnica e per la maniera del raccontare". B.Kelemen formula lo stesso pensiero:"Ivan Vecenaj non  é il diretto allievo di Ivan Generalic, ma il suo inizio nella pittura, soprattutto per la maggior parte dei mezzi espressivi, é l'inizio di Hlebine". Il periodo dell'assimilazione dell'influsso di Hlebine(1956-1960) é stato studiato da G.gamulin, il quale lo considera il periodo critica dell'opera di Ivan Vecenaj. Il pittore stesso, come avevo già scritto, 

afferma esplicitamente: "...nessuno di noi appartiene come alunno oppure come allievo, alla scuola di Hlebine". La ragione del rifiuto dell'esempio di Hlebine sono di profonde. Non ritengo che l'allargamento di alcuni elementi della iconografia di Hlebine sia decisivo, e soprattutto non distruttivo nella pittura del Vecenaj. Questo era, semplicemente, inevitabile, l'esempio era troppo forte. Ogni pittore, del resto, accademico oppure naif, dilettante di grado infimo, è soggetto oggi a una moltitudine di informazioni che non può controllare la loro provenienza, la loro attività e il loro influsso. Questo era piuttosto inevitabile su questa fascia stretta di Podravina dove soltanto i recinti separano i pittori, ma li legano gli stessi mentori, le stesse gallerie, gli stessi compratori, critici e massmedia. Per quanto riguarda questo influsso di Hlebine, secondo la mia opinione, esso esisteva davvero, ma Ivan Vecenaj ha dato a Hlebine molto più di quanto aveva appreso.



(Tratto da "IL MIRACOLO DELL'ARTE NAIVE CROATA" di Josip Depolo)  
         


Mijo Kovacic



Nel freddo inverno e d'estate quando pioveva, io disegnavo per giornate intere. Più tardi mi procurai dei colori ad acquerello e nel 1953 cominciai a dipingere. Venni a sapere che un contadino di Hlebine, Ivan Generalic, si occupava di pittura. Andai da lui, gli mostrai i miei disegni e gli acquerelli, ed egli cominciò a insegnarmi a dipingere. Mi recai da lui parecchie volte....".
La sua immaginazione si schiuse a poco a poco, e anche la destrezza della sua mano si affinò di giorno in giorno riempiendo di cose osservate gli spazi della composizione, trasformandola conformemente allo "stile" che già allora andava formandosi. E intorno a tutti quegli elementi 

persone, alberi, animali e case che questo pittore è uso a sistemare nei propri dipinti, già allora si avvertiva il fragore delle risate valdravine che rimarranno sempre la caratteristica fondamentale della pittura  di Kovacic. Esse risuoneranno sopra i carici (piante acquatiche o adattate a vivere su substrati umidi, perciò si rinvengono facilmente negli stagni e nei terreni acquitrinosi) e le paludi, avvolgeranno gli alberi fantastici, urleranno dalle facce dei contadini, e sono queste risa beffarde espresse da un'antica anima contadina, sono 
queste risa piene di spirito ironico e ribelle che spesso hanno salvato la gente della Podravina. Risa che spesso si confondevano col vento che fischia da oltre il fiume, dalle pianure ungheresi, il vento che d'inverno porta la neve che ricopre tutta la regione di un alto manto. Ma anche allora tale scherno tripudiava cipo e beffardo intorno alle casupole dei contadini e sugli alberi spogli che parevano urlare agitando i rami secchi negli spazi vuoti; anche allora per i cortili e per le strade si aggiravano le maschere carnevalesche, e accadevano sventure, incendi, alluvioni, e apparivano in cielo fenomeni angosciosi, aurore boreali, eclissi, e le risate si tramutavano allora in 

sgomento e costernazione; come se il sentimento fatale e romantico del mondo fosse tornato manifestandosi in un'esplicita descrizione degli avvenimenti, in una narrativa che si fa strada tra la nostra attualità urbanizzata, e in mezzo a un'arte frantumata e ribelle, la quale è passata attraverso tutte le esperienze del nostro inferno intelettuale civilizzato. Mijo Kovacic ha apportato alla scuola di Hlebine l'ipertrofia ironica e autoironica, cui prima abbiamo accennato,e, per quanto riguarda il lato figurativo, innanzitutto la luce, una luce intensa come mezzo che ricrea un ambiente e rende possibile questo ingenuo e romantico poetare sulla natia terra valdravina.







(Tratto da"I PITTORI NAIFS della Scuola di Hlebine" di Grgo Gamulin) 


Mijo Kovacic visita regolarmente le sagre contadine popolari. Con il suo cappello a larghe tese calcato sugli occhi, apparentemente disinteressato e immerso in questo mondo contadino, egli segue e considera continuamente, sveglio e curioso, tutto intorno a sè e archivia quelle robuste figure contadine simili a quelle del Bruegel, i rumorosi kermes contadini, la folla allegra che balla e distrugge davanti a sè le rive del ritegno e della riservatezza e si abbandona completamente allo spettacolo irrazionale che si svolge davanti ai suoi occhi. Il mondo fantastico di Mijo Kovacic è totalmente immaginario oppure ha la base solida nella realtà? La regione della Podravina, intorno a Gornja Suma, dove vive Kovacic, è veramente, e questo possono confermare tutti quelli che visitano questa parte della Podravina, un paesaggio fuori dal tempo. Qui tutto è come se il tempo si fosse fermato. Come se la natura vivesse una vita separata dalla civilizzazione moderna. Qui davvero vivono le figure 
del mondo figurativo del Kovacic. Qui l'uomo davvero può perdersi e scomparire nella palude, nel fango vivo, nel bosco fitto di straricchi alberi favolosi. In una parola, questo è il paese fantasma in cui, "Il tempo si è fermato nel fango, nessuno carica più l'orologio"(Miroslav Dolenec). Ma in questa regione incantata vive la gente con le sue pene e con le sue gioie, con la propria filosofia della vita e cerca i suoi "resti del vivere" nelle "scarpe strette della vita".
Mijo Kovacic è il pittore che si è ispirato all'esempio della scuola di Hlebine, ma si è formato completamente da solo e all'infuori di nessun centro figurativo ed è diventato il pittore di formato mondiale.
(Tratto da "IL MIRACOLO DELL'ARTE NAIVE CROATA" di Josip Depolo)

                     

La seconda generazione
La pittura di Hlebine d'anteguerra, quella del periodo "eroico" di questa scuola, ormai dimenticata e trascurata, nel dopoguerra dà il suo primo segno d'esistere ancora con una mostra nella vicina cittadina di Koprivnica, nel 1946. Qui Ivan Generalic ha portato le prime opere di due giovani suoi compaesani: quelle di Franjo Filipovic e di Franjo Dolenec. Diversamente dal primo, il periodo naif di quest'ultimo non durerà a lungo: già nel 1951 Dolenec frequenta l'Accademia delle Belle Arti di Zagabria e si allontana dall'arte naive. Qualche anno dopo entra a far parte di questo movimento, che è agli inizi, anche Dragan Gazi, molto discretamente, sviluppandosi in un modo che di per sè prova come i talenti si possono rivelare spesso anche nell'ambito di una lunga, temporaneamente, eppur ampia, irradiazione di un ambiente artistico determinato, e quando lentamente essi acquisiscano quell'importanza e quel livello artistico che sono il presupposto dell'arte, per la quale è anche doppiamente importante quell'intera coesione stilistica che ci conduce necessariamente  a quel criterio differenziale col quale vogliamo significare la necessità di scoprire, innanzitutto, nuovi valori stilistici o almeno iconografici propri e particolari, e quindi la necessità che tali valori raggiungano un  certo livello artistico.



In quel momento in presenza, dello stile classico di Ivan Generalic, ciò che era tutt'altro che facile, e nei periodi successivi sarà ancora più difficile. Comunque, senza considerare le fasi di uno sviluppo che possa volgere al suo esaurimento, che talvolta anche vi arrivi per poi nuovamente superarlo, noi riteniamo di dover procedere nella nostra analisi applicando necessariamente il criterio differenziale dei valori, finchè le differenze e le diversificazioni permanerranno in seno alla "scuola".
(Tratto da "I PITTORI NAIFS della Scuola di Hlebine" di Grgo Gamulin)



L'argomento più convincente a favore della partogenesi di Vecenaj è secondo la mia opinione, l'esposizione di Koprivnica nel 1954 che io avevo chiamato l'esposizione storica per la nostra pittura naive. A questa esposizione si vede chiaramente il modello dilettantistico del Vecenaj, anche se é il dilettantismo al massimo grado.                                                                                                                     






Mijo Kovacic visita regolarmente le sagre contadine popolari. Con il suo cappello a larghe tese calcato sugli occhi, apparentemente disinteressato e immerso in questo mondo contadino, egli segue e considera continuamente, sveglio e curioso, tutto intorno a sè e archivia quelle robuste figure contadine simili a quelle del Bruegel, i rumorosi kermes contadini, la folla allegra
che balla e distrugge davanti a sè le rive
del ritegno e della riservatezza e si abbandona completamente allo spettacolo irrazionale che si svolge davanti ai suoi occhi.

  









Quando Franjo Filipovic cominciò a dipingere aveva quindici anni. Ivan Generalic suo vicino di casa  e più anziano di lui gli fu maestro nel mestiere di dipingere su vetro. Poi, subito dopo, nel 1946, segue una mostra a Koprivnica insieme a Generalic e  Dolenec. L'idea della composizione si richiama  ai classici dipinti di Generalic e si inserisce perfettamente in quel periodo. Di quel tempo sono anche i prototipi di quelle chiome d'albero ornate di neve, che il pittore più avanti sfrutterà persino in modo esagerato e non necessario. Gli stereotipi cominciano a ripetersi e a moltiplicarsi e questa rimarrà sempre la tentazione di tutta la scuola, un fenomeno forse proprio di alcune sue determinazioni storico-cultirali. Ma, a lato di un problema espressivo vi era, naturalmente, anche quello di un ambiente (quello valdravino ma anche quello di Zagabria) e la sua capacità di contenere un certo conformismo e di stabilire i criteri differenziali distinguendo lo stereotipo dal convenzionale, le variazioni individuali dalle banalità, di seguire la crescita della scuola nella sua dinamica interiore tesa fra la coesione che la sosteneva e l'espansione espressiva che la dilatava. Nè il nostro ambiente nè la nostra critica erano in grado di farlo, e così la Scuola di Hlebine crebbe a tentoni con costanti "interazioni" tra i suoi proseliti, specialmente fino a quando la galleria d'arte primitiva di Zagabria non iniziò un colloquio più attivo con la Podravina. Ma, naturalmente, la linea spontanea di sviluppo era troppo forte, sicchè anche la seconda generazione, dopo aver raggiunto agli inizi degli anni sessanta la propria maturità, cominciò ad oscillare nei principi fondamentali del rapporto con l'opera. Il livello delle opere cominciò sovente a scadere, il riflesso intermittente della critica, e naturalmente anche della selezione, venivano a mancare. Franjo Filipovic ha, tuttavia, presentito le proprie autentiche possibilità insite piuttosto in quei paesaggi coi salici sulle rive dei fiumi o di stagni più che in quei paesaggi invernali che ben presto passeranno al convenzionalismo(continua...) 
(Tratto da "I PITTORI NAIFS della Scuola di Hlebine" di Grgo Gamulin)



"Già nella prima infanzia mi divertivo a fare ghirigori....Così fino al 1947, allorchè Generalic mi fece visita, mi aiutò e mi spiegò tutto...." Ma cosa fosse questo "tutto" nei dipinti di Dragan Gazi in quei primi anni sara probabilmente impossibile ricostruirlo anche solo frammentariamente. Secondo le sue stesse asserzioni, comunque, egli viveva miseramente e lavorava ben poco: qualche disegno e qualche acquerello, nel 1954. Non appena potè investire la dote della moglie in colori e pennelli egli riuscì a trovare una via d'uscita personale dalla situazione di miseria in cui nell'immediato dopoguerra versava tutto il villaggio di Hlebine. La critica ha spesso sostenuto che lo scostarsi di Dragan Gazi dall'influsso diretto del Generalic può essere avvertito nei suoi ritratti del 1956. In questi dipinti Gazi è veramente autonomo e nuovo. In essi c'è qualcosa di deprimente e di solenne insieme: la monotonia e lo scuallore della vita di campagna, quella stessa che a suo tempo aveva profondamente motivato la prima generazione hlebinese, è pur sempre presente nei dipinti hlebinesi. E a quel tempo, ricordiamocelo, il periodo classico di Generalic aveva già da un pezzo raggiunto il suo culmine. La seconda generazione e anche la sua prima cerchia hlebinese del dopoguerra cui Gazi appartiene, va maturato appena nella seconda  metà degli anni cinquanta. Gazi si sfoga cercando di eseguire ritratti, persino delle scene di campagna generiche, ma quanto sia errato tale "ritorno al realismo" lo dimostrano proprio i critici, i quali, invece di stimolare lo stile personale del pittore, sono favorevoli a quel ritorno, che in fondo riporta l'arte naive direttamente all'amateurismo di campagna. Per fortuna, Dragan Gazi è riuscito a salvare la propria espressione artistica da questo "ritorno" e dal preteso "realismo popolare". (continua...)
(Tratto da "I PITTORI NAIFS della Scuola di Hlebine" di Grgo Gamulin)


Nella storia della Scuola di Hlebine e nella nostra teoria dell'arte naive, la pittura di Josip Generalic fa la sua comparsa come problema nuovo e come soluzione dello stesso. In realtà sorge da una questione di principio: può il figlio di un pittore naif così importante e dalle caratteristiche così spiccate crescere al riparo di un'ombra così imponente, continuare tale pittura naive e tuttavia rimanere naif? Inoltre, quando nel 1960 Josip si trasferì in città, il problema sembrò complicarsi: poteva egli rimanere naif alla maniera Hlebinese, appartenere, cioè alla scuola, anche dopo essersi urbanizzato? Poichè oggi conosciamo molti pittori naif di estrazione contadina, ed anche apparteneti alla Scuola di Hlebine, che si sono trasferiti in città, questa domanda ci sembra di per sè fuori luogo. Nel caso di Josip Generalic, invece, la soluzione del problema è maturata dinanzi ai nostri occhi gradualmente ma inesorabilmente, nel corso di oltre un decennio. La faticosa affermazione del figlio di Ivan Generalic, che dovette davvero percorrere una via più difficile ha scuscitato nel nostro ammbiente non poche perplessità, sia per l'importanza che la Scuola di Hlebine occupa nel mondo naif, sia, e a maggior ragione, per la collocazione di questo pittore nell'ambito della scuola stessa. In tutto ciò fu però essenziale che Josip Generalic, lasciando il villaggio nativo, non si distaccò spiritualmente da esso nè distrusse l'intima essenza naive della propria natura. E così questo habitus naif, poggiando su una ben precisa tradizione pittorica e, uscendo, per così dire dal proprio guscio, ha potuto costruire, nella sua ulteriore evoluzione, quelle superfici piene di simboli ingenui e di semplici segni variopinti.
.....Egli si è avventurato da solo in quella foresta di malintesi e d'incomprensioni valendosi di ciò che sapeva o anche in virtù della propria ignoranza, egli cercò di farsi strada in un ambito artistico già consolidato e così, verso la metà degli anni sessanta, Josip Generalic riuscì a sfondare, come si usa dire. (continua...)
(Tratto da "I PITTORI NAIFS della Scuola di Hlebine" di Grgo Gamulin) 



Lackovic Croata  ci sembra rappresenti il più recente caso di urbanizzazione, per la qualità e per le radici di alcuni suoi segni fondamentali e nostalgici. Come si può vedere già dai suoi primi acquerelli che datano intorno al 1955, inizialmente vi è soltanto un lieve richiamo alla morfologia e alla tematica hlebinese. La natura stessa gli era molto più vicina, nel villaggio di klostar Podravski. L'accostamento alla maniera hlebinese avverrà più tardi, allorchè egli avrà visto dei quadri e sarà stato indirizzato dall'insegnante Dragutin anic nel 1957 a Pitomaca, e dal pittore krsto Hegedusic nel 1962 a Zagabria. Del resto, la Scuola di Hlebine, proprio al tempo del suo soggiorno a Klostar Podravski e fino al suo trasferimento a Zagabria nel 1958, ebbe la sua grande diffusione; la seconda generazione a quel tempo penetra e matura ai livelli più alti, sempre realistica nel senso naif e, naturalmente, fermamente radicata alla terra e alla realtà della vita contadina. E' naturale che tematicamente nella sua espressione il Lackovic in quel periodo si richiami alla tradizione valdravina. In questa maniera il Lackovic ha trovato la sua "versione" dell'espressione valdravina, e da allora egli percorre questa strada , troppo angusta, a nostro avviso, per le sue possibilità e per il suo talento.
.....non è dunque difficile scoprire la verità su questo pittore. Essa sta nella Podravina e nella sua arte , aspra e feroce, ironica e ribelle. Ivan Lackovic ha portato questa sua sentimentalità soave trasformando, e aprendo non a caso proprio lui, la sfera locale a una visione più generale. La Podravina rappresenta solamente una parte del paese natio rattristato ed amato. Sono comunque molto eloquenti, soprattutto quando una parola, una metafora o forse soltanto una tenue allusione, o anche semplicemente una visione, siano intimamente intese e armonizzate mediante quei parsimoniosi mezzi pittorici con i quali questo pittore ha creato il proprio mondo. (continua...)
(Tratto da "I PITTORI NAIFS della Scuola di Hlebine" di Grgo Gamulin) 


Anche Martin Mehkek è uno di quelli che hanno cominciato a dipingere assai presto (nel 1953) in un villaggio presso Gola, ma al di fuori di qualsiasi irradiazione stilistica di Ivan Vecenaj. Tuttavia, egli si segnalò molto presto, anche se alla metà degli anni cinquanta l'attenzione del pubblico era rivolta a Franjo Filipovic e ai suoi inteni a larghi piani e ai suoi paesaggi paludosi, e a Dragan Gazi coi noti ritratti del 1956. Ma, mentre questi due "hlebinesi di cerchia ristretta" andavano lentamente formando le proprie fisionomie pittoriche, Martin Mehkek si presentò subito con certi dipinti primitivi e selvaggi sulla vita degli zingari e con una stilistica che solo più tardi, dopo molte pause e con faticose riprese, potremmo dire che diventerà hlebinese. Mentre altri pittori della regione Podravina in quel periodo crebbero costantemente, il Mehkek si lasciò abbattere dalle avverse circostanze della vita.Verso il 1969/70 incomincia l'influsso di Ivan Lackovic: si tratta quasi sempre di paesaggi invernali trattati in maniera convenzionale con le case sotto la neve e le ornamentazioni schematiche di rami secchi. Molti di questi quadri sono passati per le mostre e sono scomparsi nelle collezioni private, sicchè è difficile stabilire i valori reali. Evidentemente, ci troviamo dinanzi a un problema: era possibile diffendere questo pittore dall'ecletismo e dalla produzione schematica? L'attività della Galleria d'arte contemporanea di Zagabria nella seconda metà degli anni sessanta era molto limitata, e la critica era  quasi completamente assente. In quel periodo il mercato internazionale premeva in modo inatteso comunicando direttamente, senza alcuna mediazione specializzata del luogo, con i villaggi della Podravina, sicchè in tali circostanze è difficile parlare di criterio selettivo, e ancora meno di strumenti di selezione. Martin Mehkek ebbe, tuttavia, delle possibilità reali, che possono essere documentate con alcune opere nelle quali i diversi influssi si riversano e collegano alla sua prima maniera audace e di ampio respiro. (continua...)
(Tratto da "I PITTORI NAIFS della Scuola di Hlebine" di Grgo Gamulin) 




Se si considera Slavko Stolnik anche al di fuori dal contesto della "scuola", come un fenomeno di riflesso , ci avvediamo subito che questo pittore suscita sorprendentemente nell'osservatore una vasta gamma di emozioni. Collocando intorno al 1970 il suo punto d'arrivo e conseguentemente il suo progressivo distacco dallo stile valdravino. Per la verità non fummo in grado , a su tempo, di intuire e quindi di valutare la sua maggiore sensibilità pittorica relativa ai valori cromatici. Il momento della sua differenziazione fu considerato come qualcosa di negativo, e anche le vicende personali del pittore, che lasciò il proprio paese non per motivi politici e che soggiornò per diversi anni a Parigi, hanno contribuito a interrompere la continuità della sua presenza nella vita artistica e nella coscienza culturale del proprio ambiente. Ma sebbene la "fortuna critica" dello Stolnik ci sembri men che modesta e discontinua, la sua posizione è chiara sin dall'inizio. Tornato al villaggio natio e al lavoro dei campi, non cessò la sua attività di pittore, anzi fu proprio alle soglie degli anni sessanta che ebbe inizio la sua maturità artistica. La sua sgargiante cromaticità e la spiritosa improvvisazione sono presenti in un gran numero di dipinti. (continua...)
(Tratto da "I PITTORI NAIFS della Scuola di Hlebine" di Grgo Gamulin)




                      








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